
CAMPIONATO DEL MONDO 1950
Il dramma del 'Maracanaço'
Paese ospitante: Brasile
Paese vincitore: Uruguay
Terminata la seconda guerra mondiale, la FIFA decise di organizzare in fretta e furia la quarta edizione della Coppa del Mondo per evitare che il torneo cadesse nel dimenticatoio.
Data la difficile situazione post-bellica a livello economico in cui si trovavano i paesi europei, l’organizzazione fu affidata a un paese sudamericano, il Brasile.
In generale le qualificazioni si svolsero in modo confuso, con parecchie squadre che furono ripescate in seguito a defezioni di altre già qualificate.
Oltre a Germania e Giappone, escluse in quanto nazioni uscite sconfitte dal conflitto, molte nazionali europee rinunciarono a partecipare proprio per i costi che la trasferta in Brasile avrebbe comportato e più in generale a causa dei problemi sociali con cui il Vecchio Continente si trovava confrontato.
Nota positiva fu la decisione delle quattro federazioni britanniche di prendere parte alle qualificazioni per il mondiale: Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord disputarono il tradizionale British Home Championship (Torneo Interbritannico) dandogli valore di qualificazione.
Per la prima volta la coppa fu ufficialmente intitolata al suo fondatore, Jules Rimet.
Le partecipanti:
Le tredici partecipanti furono suddivise in quattro gironi (due composti da quattro squadre, uno da tre e uno da due). Le prime di ogni gruppo sarebbero passate alla fase successiva, un girone all’italiana il cui vincitore si sarebbe laureato campione del mondo. Non era quindi prevista alcuna finale.
Gruppo A: Brasile, Jugoslavia, Svizzera, Messico
Gruppo B: Spagna, Inghilterra, Cile, Stati Uniti
Gruppo C: Svezia, Italia, Paraguay
Gruppo D: Uruguay, Bolivia
La competizione:
Brasile e Uruguay come da pronostico vinsero i rispettivi gironi, mentre furono eliminate a sorpresa una spenta Italia, decimata dei suoi uomini migliori dopo la tragedia di Superga, e i maestri inglesi. La mesta uscita di scena dell’Inghilterra ebbe del clamoroso: dopo la vittoria iniziale con il Cile, fu sconfitta dagli Stati Uniti, squadra di dilettanti, e dalla Spagna. L’esordio mondiale degli inventori del calcio moderno si rivelò pertanto traumatico e mise a nudo le difficoltà di una scuola calcistica che troppo a lungo era rimasta isolata. A completare il quartetto di “finaliste” vi erano dunque Spagna e Svezia.
La squadra brasiliana si sbarazzò senza problemi di scandinavi (7-1) e iberici (6-1), mentre gli uruguagi, fermati sul pari dalla Spagna (2-2), batterono di misura la Svezia (3-2). La sfida tra le due compagini sudamericane divenne così decisiva, assumendo il valore di una vera e propria finale e rendendo ininfluente ai fini della vittoria finale l’incontro tra le due europee, dove ebbe la meglio la Svezia (3-1).
La “finale”:
Nel match risolutivo alla Seleçao allenata da Flavio Costa sarebbe bastato un pareggio per portare a casa il titolo mondiale. Lo stadio Maracanà di Rio de Janeiro, fatto costruire appositamente per la manifestazione, era gremito in ordine di posti, e secondo cifre non ufficiali gli spettatori furono quasi 220'000 (quando la capienza massima era di 174'000 posti!).
Il Brasile, guidato dall’estro di Zizinho e dal bomber Ademir, si gettò subito all’attacco ma trovò la caparbia resistenza dell’Uruguay, schierata con il buon vecchio metodo (mentre i brasiliani, che in teoria giocavano con una variante del sistema, seguivano perlopiù l’istinto) e che poteva contare come ultimo baluardo sull’abile portiere Maspoli. Proprio l’estremo difensore uruguagio si fece però beffare in entrata di secondo tempo da Friaça: al vantaggio dei padroni di casa la torcida brasiliana esplose in festa e pure i giocatori in campo si illusero di avere la coppa in tasca.
Fu allora che Varela, il carismatico capitano della Celeste, suonò la carica, e l’Uruguay trovò dapprima il pareggio con Schiaffino e infine la rete del vantaggio con Ghiggia a dieci minuti dal termine. La Seleçao, frastornata, non riuscì a reagire e il titolo andò alla squadra rioplatense facendo sprofondare in una dramma l’intera nazione brasiliana.
16/07/1950, Rio de Janeiro, URUGUAY-BRASILE 2-1
47’ Friaça 0-1; 66’ Schiaffino 1-1; 79’ Ghiggia 2-1.
Uruguay: Maspoli; M. Gonzalez, Tejera; Gambetta, Varela, Andrade; Ghiggia, Perez, Miguez, Schiaffino, Moran (Britos, Burgueño, J. C. Gonzalez, Martinez, Ortuño, Paz, Pini, Torijo, Romero, Vidal, Vilches).
All: Juan Lopez
Il cannoniere:
Realizzando nove reti, il miglior marcatore del mondiale del 1950 fu il centravanti brasiliano Ademir. Attaccante completo del Vasco da Gama, realizzatore di circa cinquecento reti in carriera, nel mondiale brasiliano Ademir fu l’unica vera nota positiva della nazionale padrona di casa
La stella:
Juan Alberto Schiaffino, detto “Pepe”, interno del Peñarol, salì alla ribalta mondiale proprio in Brasile. Dotato di una tecnica sopraffina e di grande visione di gioco che ne fecero un autentico fuoriclasse, realizzò sei reti e fu tra i trascinatori della Celeste. Il torneo iridato del 1950 fu per Schiaffino il trampolino di lancio che lo portò a consacrarsi come uno dei migliori calciatori del pianeta, da una parte sempre con la maglia della nazionale (fu infatti eletto miglior giocatore dei mondiali del 1954), dall’altra con club italiani quali Milan e Roma.
Gli azzurri:
La nazionale italiana si presentò in Brasile, guidata da Ferruccio Novo (presidente del Torino) e Aldo Bardelli (giornalista), dopo un lunghissimo viaggio in nave durato tre settimane. In Italia era infatti ancora viva la tragedia aerea di Superga dell’anno precedente in cui persero la vita i giocatori del Grande Torino, e gli azzurri optarono per un trasferimento via mare che si rivelò deleterio soprattutto dal punto di vista fisico a causa dell’impossibilità di allenarsi adeguatamente sulla nave.
Il motivo principale della brutta figura rimediata in Brasile fu però proprio la prematura scomparsa dei giocatori granata che costituivano l’ossatura della formazione titolare.
Storia & Curiosità:
- Durante la seconda guerra mondiale la coppa del mondo fu affidata alla custodia di Ottorino Barassi, presidente della FIGC e vicepresidente della FIFA, che per nasconderla a un’apposita perquisizione delle truppe tedesche e per proteggerla dai bombardamenti la conservò in uno scatolone sotto il suo letto.
- L’India, regolarmente qualificata, fu esclusa dal mondiale brasiliano per mano della FIFA che non diede ai giocatori indiani il permesso di giocare scalzi, come era tradizione nel paese asiatico.
- Quando la radio britannica annunciò la sconfitta inglese per mano degli Stati Uniti, molti tifosi non ci credettero e si convinsero in un errore dello speaker.
- “O Maracanaço”, la disfatta del Maracanà, è ancora oggi considerata la più grande beffa calcistica mai subita dalla nazionale brasiliana. Dopo la sconfitta con l’Uruguay nel paese furono proclamati tre giorni di lutto nazionale, i suicidi furono probabilmente qualche decina e le persone in rovina per aver perso tutti i soldi puntati sulla vittoria della Seleçao non si contavano. Pure la FIFA fu colta in contropiede, se è vero che Jules Rimet, convinto di dover premiare il Brasile, si era già preparato un discorso in portoghese. In seguito a quella drammatica partita la Federazione brasiliana di calcio decise di cambiare i colori delle casacche da gioco: via il bianco, fu adottata una divisa verde-oro.
- Ricordando a molti anni di distanza il silenzio surreale che venne a crearsi al Maracanà al momento in cui realizzò il suo gol, il centravanti uruguagio Ghiggia affermò che: «A sole tre persone è bastato un gesto per far tacere il Maracanà: Frank Sinatra, il Papa ed io».